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Almunia: più rigore nella Ue
La Grecia serva da lezione

dall'inviato Giuseppe Chiellino

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7 marzo 2010
Almunia: serve più rigore. La Grecia serva da lezione

L'Europa, e in particolare la zona euro, è riuscita a superare il momento peggiore della crisi. Gli strumenti messi in campo sono stati utili ma ora il difficile sarà dosare bene l'acceleratore dell'exit stretegy, per evitare che un abbandono troppo rapido delle misure di sostegno si traduca in un danno per l'intera area. Joaquin Almunia, neo commissario Ue alla Concorrenza e aiuti di stato, ma fino a poche settimane fa responsabile degli Affari economici della prima commissione Barroso, in occasione della 19esima edizione dell'Aspen European Dialogue che si è svolto tra venerdì e ieri a Venezia, spiega in un'intervista al Sole 24 Ore a che punto siamo e quali sono i prossimi passi da compiere, con un occhio particolare alla crisi greca.

Dopo due anni di politiche straordinarie si discute di exit strategy. È il momento giusto o è ancora troppo presto?
Bisogna capire qual è il modo migliore per abbandonare progressivamente le misure straordinarie di sostegno all'economia. Dobbiamo regolare la velocità di uscita, ricordando che la situazione non si è ancora normalizzata, in alcune aree la crescita è ancora negativa e dobbiamo affrontare il caso della Grecia, che è il principale ma non è l'unico.
Per cinque anni è stato responsabile degli Affari economici e monetari. Non crede che l'Europa abbia qualche responsabilità se la vicenda greca è arrivata fino a questo punto?
I problemi della Grecia non sono una novità. Era il paese con il deficit più alto, insieme all'Italia. Nel 2004, una delle mie prime decisioni quando arrivai a Bruxelles agli Affari economici era stata proprio quella di aprire una procedura d'infrazione per deficit eccessivo nei confronti della Grecia. E già qualche mese prima, prima che io arrivassi, Eurostat aveva inviato al governo greco un pesante avvertimento perché le statistiche ufficiali non erano corrette. La situazione, già di per sé critica, si è poi aggravata per la pessima gestione delle finanze pubbliche e delle politiche economiche da parte del precedente governo nel periodo pre-elettorale.

Cioè?
A gennaio 2009 la previsione di deficit era al 2%, a marzo al 3%, e a luglio ho dovuto presentare una nota all'Eurogruppo in cui avvertivo che senza misure addizionali di correzione, il deficit sarebbe salito al 10%. Misure che il governo non ha voluto adottare prima delle elezioni. Il caso greco non è stato il fallimento del sistema statistico ma della gestione delle finanze pubbliche.

L'Europa però non è riuscita a prevenire questa situazione. Perché? È una questione di strumenti?
La Grecia non aveva la volontà politica, gli strumenti tecnici e la capacità di avviare un percorso di risanamento e di crescita. E non è corretto addossare agli altri stati membri, all'Eurogruppo, alla commissione responsabilità che sono esclusivamente delle autorità greche.

Il processo di costruzione europeo spesso ha visto accelerazioni improvvise proprio nelle fasi di maggiore difficoltà. Ritiene che questo sia il momento giusto per un nuovo salto di qualità?
Io voglio credere che questo sia il momento giusto perché l'eurozona abbandoni qualsiasi altra discussione e, dopo i primi dieci anni dell'euro - un grande successo non solo per noi ma per l'intera economia mondiale - decida se la moneta unica ha bisogno di fare un nuovo passo avanti, il quarto livello, dopo i tre del piano Delors che ha portato l'Unione da una realtà di tante economie e valute separate ad essere economie integrate con una sola valuta.

In cosa consiste il «quarto livello»?
Abbiamo bisogno di un nuovo passaggio: oltre a una valuta e a una politica monetaria comuni, dobbiamo in primo luogo rafforzare la sorveglianza di bilancio e non solo in termini di deficit ma anche dell'evoluzione del debito; inoltre la vigilanza economica deve andare oltre il bilancio perché anche gli altri squilibri si aggiustino.

Esistono le condizioni politiche perché ciò avvenga?
Non possiamo considerare stabile questa situazione. Serve una reazione e l'unica reazione efficace e valida non può che essere europea. Se ciascun paese reagisce da solo contro gli altri, creiamo più ostacoli che soluzioni.

Proprio sulla Grecia il presidente della Repubblica Napolitano ha chiesto un segnale unitario. Nelle capitali c'è questa disponibilità?
Tutti i leader europei sono consapevoli di quanto sia difficile uscire dalla crisi che stiamo affrontando. Ma dal consiglio europeo dell'11 febbraio scorso è emerso un messaggio chiarissimo: siamo 27 stati più la commissione e la presidenza, e siamo "il governo economico" dell'unione europea. Penso che non sia mai accaduto prima che il consiglio discutesse a questo livello orientamenti, proposte, priorità e strumenti del governo economico dell'Europa.

  CONTINUA ...»

7 marzo 2010
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